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Si è appena conclusa la Venice Fashion Week 2022, giunta ormai alla sua decima edizione, che quest’anno ha voluto evidenziare temi quali le risorse del Pianeta, i talenti artigianali e la sostenibilità a cavallo tra moda, lifestyle e turismo. La manifestazione ha presentato ad un pubblico internazionale la versione Made in Venice della moda, tra alta sartoria e artigianato, prodotti pregiati, maestri e contaminazioni culturali, con la città sull’acqua a fare da sfondo e ispirazione.

In rappresentanza dell’alto artigianato veneziano, abbiamo intervistato Francesco Pavan, classe ‘62 e veneziano doc. Francesco, diplomatosi all’Istituto d’Arte in “Arte dei metalli e dell’Oreficeria” ha dedicato la sua vita alla gioielleria, senza mai trascurare la sua passione per l’archeologia che ha costituito, per lui, un mezzo per importanti collaborazioni con musei e università nell’ambito dell’archeologia sperimentale.

L’archeologia sperimentale è una disciplina complementare all’archeologia classica che si occupa di sperimentare le ipotesi storico-archeologiche delle tecniche di fabbricazione di antichi manufatti con il fine di comprendere gli aspetti funzionali dei reperti legati al contesto sociale delle comunità del passato. «[…] Io sono da supporto agli archeologi, – afferma Francesco – io sono un archeotecnico, cioè cerco di ricostruire tecniche di lavorazione di quel periodo storico con […] ipotesi di strumenti ricreati, perché alcuni strumenti non si trovano in commercio, non si trovano nei reperti».

La passione per l’archeologia ha portato Francesco a studiare le tecniche dell’oreficeria antica a partire dall’Età del Bronzo fino ai giorni nostri. Queste influenze storiche sono ritrovabili in molte delle sue creazioni, ispirate a ritrovamenti archeologici come monili della regione della Battriana o appartenuti a Sciti e Egizi. L’idea di coniugare archeologia e gioielli, continua Francesco, «È nata praticamente collaborando con i musei, perché all’interno del museo si cerca di fare una didattica che porti a conoscenza l’oggetto […]». A proposito di una sua collaborazione con l’Università di Ferrara, afferma: «[…] All’interno del museo vogliono dei pezzi uguali praticamente all’originale per poter fare una visita tattile, in questo caso, anche per ipovedenti che possono anche sentire sia la leggerezza del pezzo e anche il profumo dell’ambra dopo quaranta milioni di anni».

Da Claudia Gallinaro, per Cube Radio Venezia, è tutto.