E se vi dicessimo che la centrale nucleare di Chernobyl non ha mai smesso di funzionare? Il famoso reattore 4 che nella primavera del 1986 esplose, ad oggi è come la brace di un barbecue, ha affermato Neil Hyatt, chimico presso l’università di Sheffield. I sensori installati nella centrale stanno, infatti, monitorando un numero crescente di reazioni causate dai neutroni in movimento.
Ma come mai dopo 35 anni è ancora difficile controllare la fuoriuscita di radiazioni?

Quella del 26 aprile 1986 doveva essere un’esercitazione notturna, che poi si scoprì essere stata condotta con la violazione di tutti i protocolli di sicurezza e che portarono all’esplosione di uno dei reattori della centrale nucleare, alla fusione del nocciolo, all’esplosione del reattore 4 e al collasso della struttura che lo proteggeva. Da quella notte una nube carica di particelle radioattive si sparse per chilometri e, trasportata dal vento, arrivò in Ucraina, Bielorussia, Russia ed Europa occidentale.
Nei giorni successivi, più di 330.000 persone vennero evacuate in massa, mentre liquidators e biorobots, cioè operai e tecnici, venivano impiegati nel tentativo di arginare la fuga radioattiva, mandati lì privi di dispositivi necessari che li proteggessero dalle radiazioni, gli stessi che morirono di tumori o gravi malattie nei mesi successivi.

Oggi l’area che si estende per 19 chilometri ed oltre è considerata zona rossa ad altissima radioattività, destinata a rimanere disabitata per secoli.
Dopo l’esplosione, il reattore è stato sepolto da un sarcofago di cemento pensato per ridurre e tenere sotto controllo la radioattività. Ma non è bastato. Nel 2016, infatti, è stato necessario ricoprire il tutto con un secondo strato.
Tuttavia, le precauzioni e le misure contenitive adottate finora sembrano non essere sufficienti, e non fanno escludere un possibile secondo incidente.

Il motivo per cui ad oggi è ancora difficile controllare la fuoriuscita di radiazioni è che dopo l’esplosione, per spegnere il fuoco, si è pensato di coprire il tutto con la sabbia, ma che assieme a componenti del reattore, come le barre di combustibile in uranio e zirconio e le barre di controllo in graffite si è fusa in una lava, confluita successivamente nelle stanze del seminterrato e induritasi come vera e propria lava di un vulcano. La crosta che si è formata poi ha consentito alle reazioni che avvengono al di sotto di mantenersi vive. Inoltre, il sarcofago di cemento e acciaio eretto un anno dopo il disastro nucleare ha lasciato penetrare l’acqua piovana, incentivando così le reazioni provocata dai neutroni.

Capire cosa fare ora è difficile, anche perché i livelli esponenziali di radioattività non consentono di intervenire fisicamente. L’unica cosa certa è che Chernobyl sarà ancora per molto una minaccia silenziosa lunga decenni.