Benvenuti ad una nuova puntata di ModaPuntoCom. Siamo qui a parlarvi dalla Cube Radio dello IUSVE in compagnia di: Sara Zanella, fondatrice del brand Eticlò. Oggi parliamo di questo brand con lei e ci racconterà: cos’è, come nasce e come si fa questa moda sostenibile, questa moda etica nel 2019. Ciao Sara, grazie per aver accolto il nostro invito. Cos’è Eticlò?

Eticlò, il cui nome deriva da “Ethical Closet” cioè Armadio Etico, è un progetto di moda sostenibile in senso lato, nel senso che ad oggi è un brand di moda sostenibile, che produce i suoi capi con dei criteri sostenibili, sia un negozio che racchiude anche altri brand italiani e non italiani che lavorano con materiali biologici, con tinture certificate, con filiere verificate. Quindi è sia un brand che è un contenitore di altri brand.

Come nasce il naming?

Nasce da “Ethical Closet”. Il progetto nasceva come moda etica con la volontà di proporre un’alternativa alla moda tradizionale sia dal punto di vista del contenuto, sia dal punto di vista del design. Per quello l’abbiamo chiamato Armadio Etico, come un invito a convertire l’armadio che già abbiamo in una serie di prodotti che abbiano un significato e che siano prodotti con un’etica.

Nell’epoca della moda sostenibile, cosa significa fare moda sostenibile e quindi una moda che abbia un’etica?

Il concetto di moda sostenibile è un concetto molto interpretabile e se ne abusa. L’interpretazione che abbiamo noi del concetto di moda sostenibile è questo: noi utilizziamo solo tessuti biologici, naturali al 100% e biologici laddove ovviamente possano esistere biologici. Tutti i tessuti di origine vegetale sono solo certificati biologici, mentre le lane e tessuti di origine animale sono tessuti naturali che hanno dei criteri di sostenibilità derivanti dalle certificazioni che diventa pesante approfondire. Non sono biologici nello stesso senso in cui lo sono gli altri. Utilizziamo tinture ecologiche che escludono i materiali che danneggiano l’ambiente, che fanno male alla pelle e poi utilizziamo una filiera di produzione verificata e sana.

Produciamo per lo più in Italia, però non abbiamo come scopo il “Made In Italy” ma il “Made In Luoghi che hanno senso”. Ad esempio, un posto in cui produciamo è l’Egitto dove abbiamo un fornitore molto qualificato che sviluppa un progetto di sostenibilità, di lavoro e di accoglienza persone che altrimenti non avrebbero grandi opportunità e anche se non è Italia, va benissimo sostenere dei progetti che abbiano significato.

Sostenibile sia per l’ambiente, sia per le persone, sia per la filiera trasparente che voi proponete. Se non sbaglio, siete stati menzionati per quanto riguarda la giornata della moda sostenibile, l’anno scorso, da Slow Fashion Design proprio per questa vostra trasparenza. Non avete niente da nascondere proprio per la vostra filosofia.

Anzi ci vantiamo con la gente, in realtà comunichiamo abbondantemente cosa facciamo, dove lo facciamo, lo comunichiamo via newsletter, lo comunichiamo su Instagram, facendo le foto del luogo in cui produciamo, delle sarte che cuciono. La trasparenza è proprio il nostro obiettivo. La trasparenza per noi è un vanto per quanto rimaniamo comunque molto piccoli Quindi in realtà non abbiamo tutti i fornitori come i brand più strutturati hanno e devono gestire in maniera diversa.

Andiamo all’aspetto manageriale, questa trasparenza e questa coerenza che voi proponete è così difficile mantenerla al giorno d’oggi?

Con la nostra dimensione abbiamo la possibilità di compiere delle scelte che brand più strutturati, con una storia, con una struttura alle spalle, fanno più fatica a mantenere se non fosse per il margine che poi si ricava dai prodotti. Ci si scontra sempre con il prezzo. Ovvio che produrre in Italia con certi materiali, con certe tinture, con una certa logica costa molto di più che produce in Cina. Il problema è il prezzo quindi per noi aziende piccoline e neonate strutturare il business da zero con un tipo di logica che per aziende super strutturate, che hanno dei costi pazzeschi, che hanno un’organizzazione tale per cui neanche sanno dove vengono prodotti i loro capi.

Molte aziende anche del fast fashion producono adesso delle collezioni che sono in realtà dei finti Green. Credo non serva grande intelligenza per capire che quando due t-shirt in cotone biologico sono venute €9,90 al pacchetto saranno anche certificate bio, ma c’è comunque un problema di fondo. Arrivano dall’altra parte del mondo, c’è un costo di trasporto, un costo di produzione, un costo di negozio, l’iva è ovvio che non può essere che due t-shirt €9,90 siano sostenibili. Detto ciò, il fatto che tutti i brand, anche del Fast Fashion, stiano in qualche modo rincorrendo questo tema della sostenibilità può essere letto come una bella cosa. Nel senso che anche loro osservano il cambiamento, i consumatori cominciano a chiedere qualcosa di più, delle attenzioni.

Proprio del consumatore volevo chiederti: è difficile comunicarsi al vostro consumatore? Cioè essendo il prezzo più alto, essendo una filosofia di produzione e anche di prodotto un po’ diversa è stato difficile trovare un target di nicchia che vi ascoltasse?

È difficile e in realtà noi, come brand, siamo molto giovani quindi non lo abbiamo ancora trovato al 100%. Ci stiamo ancora lavorando. Dal punto di vista del racconto della sostenibilità, della storia che sta dietro al progetto non è per niente difficile farlo apprezzare. Si racconta e la reazione è sempre positiva.

Il tema è quello del prezzo: per tutti “il progetto è molto bello, però non posso spendere questa somma”. Sicuramente non tutti possono permettersi i capi che costano di più. Ad esempio, parliamo di una t-shirt in puro cotone Bio che costa €29; €29 non sono un prezzo che non possiamo permetterci. La reazione spesso è “ma io ne pago 9 per la mia”, però c’è un tema dietro di sostenibilità, di un prodotto che è affrontabile. Il tema è passare dal “che bello” al “ci sto, faccio uno sforzo, come consumatore, per sostenere questo tipo di business”.

Parlaci un po’ della parte creativa del vostro marchio, le collezioni: dove trovano origine queste forme, questi colori?

Abbiamo una stilista, quindi le collezioni le disegniamo insieme a lei. È la stessa da quando abbiamo iniziato, ci accompagna dal giorno uno del nostro progetto. Produrre con il tipo di logiche di cui abbiamo parlato finora da già delle direttive anche dal punto di vista dello stile. Innanzitutto utilizziamo solo tessuti naturali che cadono in un certo modo e con cui si possono fare certe cose. Le tinture sono limitate ai criteri di cui abbiamo parlato prima: non si riescono ad avere tutti i colori, per esempio colore fluorescente non si può avere, il colore super acceso non si può avere. Tessuti certificati non se ne trovano innumerevoli.

Un’altra cosa, nei nostri principi di sostenibilità inseriamo anche il principio di durevolezza del capo. Cerchiamo di non dare ai capi un design troppo di moda o troppo sul grido dell’onda, in maniera tale che sia un capo che può essere sfruttato quest’anno come nell’anno prossimo e che possa rimanere bello a lungo con grande spazio di personalizzazione anche per il consumatore. Sono capi alla moda però non sono di tendenza.

Lo spazio a nostra disposizione è terminato, salutiamo Sara e la ringraziamo di essere stata con noi oggi.