– Aggiungiamo alle news di oggi un approfondimento sulla dimensione del gioco.

Sì, perché giocare è una cosa seria. Se è consolidato ormai da anni che l’attività ludica svolga un ruolo importante nello sviluppo del bambino, è meno comune che questa diventi anche un’opportunità lavorativa.

Lo sa bene il nostro conterraneo, il dottor Dario Zaccariotto,

che per mestiere inventa giochi e che oggi abbiamo il piacere di intervistare.

Ben trovato dottor Zaccariotto. Innanzitutto, le chiedo di spiegarci come sia nato il suo studio professionale e come sia lavorare giocando.

DZ: Allora, lo studio professionale affonda le radici nel tempo, nel senso che è stato fondato nel 1987. Il fondatore è il mio socio, anche egli Dario, evidentemente un nome che porta anche di ludico un senso ma a sé – ad un certo punto della nostra attività eravamo  soltanto in due nell’ufficio ed entrambi ci chiamavamo Dario. Dario De Toffoli, il mio socio appunto, lascia la sua carriera di chimico e apre uno studio per dedicarsi al gioco. In cosa consiste questo studio? È un’azienda che come uno sgabello poggia le proprie radici su tre zampe diverse: la prima zampa, dalla quale ho preso via quest’azienda, sono state le manifestazioni legate al gioco, quindi tornei, campionati e qualsiasi evento che avesse a che fare con il gioco giocato; la seconda zampa di questo sgabello sono i giochi in scatola, quindi un altro settore che cura la nostra azienda… Inventiamo infatti giochi, li sviluppiamo, curiamo i “licensing”… È un’attività che nel tempo non è scomparsa, grazie all’avvento dei videogiochi ma che soprattutto in alcuni mercati – questo casomai lo vedremo più avanti – ha sempre avuto un certa prosperità; la terza zampa della nostra attività è la sezione enigmistica, quindi curiamo riviste intere, inserti, singole pagine, degli speciali, delle cose ad hoc… In questo senso possiamo metterci – non è proprio diciamo un’enigmistica da spiaggia – tutta la nostra notevole produzione libraria sull’argomento: abbiamo scritto di Backgammon, di Texas Hold’em e siamo stati i primi in Italia, di scacchi… E quindi tutta la sezione di giochi legati anche alle pubblicazioni librarie. 

– Che formazione richiede il suo lavoro? E quanto bisogna metterci di creatività o di tecnica, che immagino si impari col tempo?

DZ: Non c’è una scuola vera e propria. Dei tre soci che siamo attualmente operativi in ufficio, io sono laureato in Ingegneria, De Toffoli come dicevo è laureato in Chimica e Colovini è laureato in Storia. Il nostro socio a distanza è laureato in Fisica. 

Ultimamente, occupandomi io del settore enigmistico, mi trovo a consultare dizionari, enciclopedie e certi siti affidabili di Internet molto più che un laureato in materie

umanistiche. Ci vuole soprattutto passione, dopo ovviamente ci vuole dedizione ma questo un po’ in tutte le cose che hanno a che fare con la creatività. Penso ad un musicista, se non ha la passione che gli permette di non guardare l’orologio per il tempo in cui si esercita, se non ha una certa attitudine per cui suonare gli risulta particolarmente difficile, neanche il musicista va avanti e nel nostro campo tutto sommato è la stessa cosa. Dello staff che attualmente collabora con noi, c’è un po’ di tutto: si va da chi si occupa più della parte grafica quindi ha una formazione più dal punto di vista grafico, chi è più dalla parte di correzione di bozze, oppure test di giochi in cui magari è più una formazione umanistica oppure scientifica.  

– Il gioco è sempre stato visto come un’attività di formazione per bambini. Può diventarlo anche per fasce d’età superiori?

DZ: Certo, certo. Noi abbiamo fatto nostro uno dei grandi aforismi di George Bernard Shaw: ‘’l’uomo non smette di giocare perché invecchia ma invecchia perché smette di giocare’’. Siamo consci di questo fatto, per cui mantenere allenato il cervello, mantenere allenati certi meccanismi, continuare a divertirsi stimolando la propria mente, le proprie capacità… Ma anche diciamo delle skill particolari, per esempio alcuni giochi da tavolo favoriscono molto la cooperazione, altri favoriscono molto il tempismo, altri favoriscono il bluff e quindi diciamo continuare ad esercitarsi, a provare piacere nel fare queste cose, senz’altro ci aiuta in questo processo da adulti, ovviamente.

– Infine, lei si occupa principalmente di giochi tradizionali. Pensa che questa tipologia stia vivendo un periodo difficile per via dell’avvento del digitale? e se sì, come pensa si possa risaltarne nuovamente il valore?
DZ: Recenti studi, fatti prima di questo periodo che purtroppo siamo costretti a vivere da inizio 2020, dicevano che c’è stata una ripresa del mercato del gioco in tavola. Non siamo dei sociologi, nel senso che ci occupiamo di giochi per altri versi, non dal punto di vista sociologico, però appunto qualcuno vedeva in questa ripresa il fatto che molte persone di quarant’anni si siano ritrovate ad essere genitori, quindi magari a passare più tempo in casa rispetto com’erano abituati prima, e con l’occasione, hanno ritirato fuori dalle vecchie scaffalature le vecchie scatole di Risiko. Invitati gli amici per giocare, hanno scoperto che nel frattempo il mondo dei giochi in scatola è evoluto, sono usciti molti titoli e anche con ambientazioni più consone, con meccanismi molto moderni e della durata dall’ora all’ora e mezza, quindi fattibilissimi in una serata da passare anche in maniera sociale con le persone. Questo ha scatenato il fatto che ci fosse una ripresa del mercato, anche con percentuali importanti. Non so sinceramente se sia stato questo, ma non possiamo che plaudire a questo fatto – che ci sia stata questa ripresa dei giochi in scatola – questo perché appunto, crediamo veramente nel valore sociale e negli insegnamenti che può dare sia dal punto di vista di tutto quello che può essere una partita a qualche gioco stimolante, ma anche all’abitudine a vincere o a perdere e ad utilizzare al meglio certi meccanismi.

Dicevo prima, in Italia c’è stato questo, in realtà nel resto del mondo, soprattutto nel mondo tedescofono, il fenomeno del gioco in scatola non è mai scemato anzi, le grandi fiere tedesche hanno partecipazioni di decine di migliaia di persone. La fiera di Essen è arrivata negli ultimi anni a 150 – 200mila persone, che si trovavano a giocare in fiera dalle 9 di mattina alle 7 di sera, durante i giorni dal giovedì alla domenica, per cui un fenomeno un po’ impensabile. Giusto per dare qualche altro punto di riferimento, molti giochi sono stati tradotti in Italiano grazie al fatto che la Svizzera ha equiparato la lingua italiana, la lingua francese e tedesca, per cui se esce qualsiasi cosa nella nostra vicina Confederazione Elvetica…  Un qualsiasi manuale di istruzioni eccetera, deve uscire in francese, tedesco, italiano e magari a quel punto lo fanno anche in inglese. Quindi molti giochi editi nei paesi tedescofoni hanno la traduzione italiana grazie al fatto che esiste il Canton Ticino, una parte dei Grigioni e appunto i territori svizzeri in cui si parla italiano.

– Ringraziamo il dottor Zaccariotto per la preziosa testimonianza.

Per ulteriori informazioni, il sito web di riferimento è ​www.studiogiochi.com 

Da Agata Borracci è tutto, Cube Radio News, Venezia.