La città dei 15 minuti o ville du quart d’heure prevede di riorganizzare gli spazi all’interno di un centro abitato, in modo tale che i cittadini riescano a trovare i servizi necessari per vivere entro 15 minuti a piedi e non dover usare mezzi di trasporto come l’automobile.
Riducendo il tempo che normalmente si spreca negli spostamenti, l’obiettivo è diminuire il traffico e l’inquinamento e in secondo luogo “riscoprire la socialità nel proprio quartiere”.

Il tema della vicinanza o prossimità non è nuovo se pensiamo come nella storia la ricerca di una città a misura d’uomo sia stata centrale. Per esempio, i servizi di cui il cittadino ha bisogno sono i servizi sanitari, che dovrebbero essere accessibili soprattutto dalle fasce deboli della popolazione. A seguire, centri sociali, biblioteche e oratori, intesi come luoghi di aggregazione e socialità, che possono svolgere un ruolo di scambio culturale oltre che educativo.
Spazi come la scuola hanno, invece il compito di fornire stimoli per la costruzione e la trasmissione di conoscenze. Infine, oltre alla viabilità, vi sono spazi verdi, attività commerciali e mercati rionali.
Durante il Novecento il concetto di prossimità è stato messo in discussione e ha cominciato a diffondersi un modello di città in risposta all’economia di scala. Quella che è stata costruita è più che altro una città delle distanze, un insieme di zone industriali, centri direzionali, zone universitarie e quartieri residenziali.

In Europa, sono tre oggi gli esempi di Città dei 15 minuti: Parigi, Barcellona e Milano.
L’attuale sindaca di Parigi Anne Hidalgo ha ripreso l’idea della Città dei 15 minuti nella sua campagna elettorale. Parigi ad oggi è sempre più una città a misura d’uomo, ricca di zone pedonali, piste ciclabili e zone verdi. Barcellona, invece, lavora sul concetto della prossimità già dal 2013 grazie al docente universitario Carlos Moreno, il quale ha ideato il concetto di città dei 15 minuti e i superblock, cioè isolati pedonabili.
In Italia, infine, è Milano ad accogliere l’idea: attrezzare anche i quartieri fuori dal centro urbano consentirebbe di ridurre il pendolarismo e il congestionamento urbano dei mezzi pubblici.

Sebbene l’idea sia accolta da più parti d’Europa, vi sono diverse considerazioni da fare. In primo luogo, una comunità non si costruisce dall’oggi al domani, poiché è il risultato di diversi fattori; quello che si può fare è agire sull’ambiente circostante cosicché ne favorisca la socialità. In secondo luogo, va ripensata la relazione tra città e abitanti, intesi non solo come clienti o utenti di servizi: serve una città che si prenda cura dei cittadini. In terzo luogo, bisogna riflettere sul rapporto tra dimensione fisica e virtuale in relazione al concetto di prossimità: sebbene la cura e la vicinanza siano concetti legati al mondo fisico, non possiamo escludere la componente digitale ormai parte della nostra quotidianità.
È evidente, però, che in una società impostata sul prevalere del singolo, si sta formando una nuova coscienza e sensibilità più improntata al rispetto e alla cura della collettività.