Ciao a tutti e benvenuti ad una nuova puntata di ModaPuntoCom. Oggi, con noi, Serena Casellato che è anche una nostra studentessa IUSVE.

Buongiorno a tutti. Sono una studentessa IUSVE ormai da due anni e sto facendo la magistrale di creatività e design della comunicazione.

Serena ci parlerà di un suo brand. Tu sei co-founder, giusto?

Esatto, io sono co-founder assieme a David Catenacci, il mio ragazzo, e Alessandro Enzo. Il nostro progetto si chiama Soulwaves e nasce come Brand di moda Slow ed ecologico nell’ottobre del 2019. Infatti, fra pochi giorni, il nostro progetto compirà un anno.

Voi non solo fate moda etica e sostenibile, adesso ci racconterai nel dettaglio, ma riuscite anche a comunicarlo e non solo come strumento di comunicazione ma anche attraverso il prodotto. Andiamo intanto a capire come mai questo naming?

Il progetto nasce come brand di moda slow ed ecologica perché io, Davide e Alessandro siamo sempre stati legati alle problematiche ambientali e avevamo il desiderio di accendere una luce su questi problemi. Abbiamo deciso di unire le nostre competenze relative al mondo della comunicazione e del design per dare forma ai messaggi che volevamo veicolare e l’abbiamo fatto attraverso la comunicazione visiva e come medium abbiamo deciso di utilizzare le t-shirt in cotone organico. Perché? Perché vogliamo rendere attivi i cittadini.

La nostra idea è stata quella di far scegliere alle persone d’indossare i nostri messaggi e quindi renderli attivi nel processo. Ci stiamo rendendo conto che in questo modo che le persone portano in giro per le strade i nostri stessi messaggi e in questo modo si va a creare un circolo in cui si propaga più velocemente il messaggio. Ovunque, in un bar, all’università, in uno studio, si riesce a portare il messaggio. Non solo moda circolare ma anche comunicazione circolare in questo caso.

Per quanto riguarda il naming Soulwaves parte proprio dall’idea che l’acqua, elemento vitale per l’uomo e il pianeta, diventa in questo caso elemento simbolico portatore di valori profondi. Non abbiamo inteso l’acqua come elemento da proteggere e preservare, ma un’anima naturale e Waves viene intesa come un movimento, la forza dell’onda. Un movimento che i cittadini e la community di Soulwaves assieme a noi si fa portavoce dei nostri messaggi, quindi è un messaggio importante da veicolare tutti insieme.

Vi comunicate nei social, con il sito… Quali sono le vostre strategie?

Abbiamo creato un sito e i social, principalmente Instagram e Facebook. La nostra idea è quella di creare contenuti che vadano a coinvolgere i cittadini. Chi acquista una maglietta è invitato a condividere questi messaggi e a farsi portavoce, non solo per le strade ma anche on-line. Sappiamo bene che adesso la comunicazione on-line è la prima strada per raggiungere chiunque.

Che feedback avete avuto, soprattutto, per quanto riguarda i social. Instagram che adesso per quanto riguarda la moda, soprattutto, nella sostenibilità è uno dei social network più utilizzati.

Grazie ai nostri social, soprattutto Instagram, siamo riusciti ad entrare in contatto anche con Marevivo Onlus che è un’associazione ambientalista che si prende cura del mare e abbiamo ideato assieme a loro una comunicazione per sensibilizzare verso l’utilizzo e, soprattutto, il rilascio dei palloncini in aria. La nostra ultima linea che si chiama “Protect Ocean’s” va proprio a sensibilizzare i cittadini sul rilascio dei palloncini in aria che, non molti lo sanno, costituiscono l’ottanta percento dei rifiuti trovate all’interno dello stomaco delle specie marine.

Molto interessante questo, anche per sensibilizzare sulle tematiche non molto conosciute che, invece, sono molto impattanti a livello ambientale. David è uno dei vostri collaboratori, in un’intervista on-line racconta una cosa molto bella che è quello che ci anticipi tu adesso. Questo cercare nel consumatore il completamento dell’azione ambientale che voi iniziate a livello comunicativo con il vostro brand e lui racconta che cercate di portare un cambiamento concreto, come dicevi tu. Ma, ad esempio, se vi viene richiesto di creare delle divise per un bar voi cercate di far eliminare la plastica monouso al bar, piuttosto che le cannucce. Cercate di portare una positività che non sia solo l’acquisto del vostro capo, ma bensì si traduca in un comportamento ambientale.

Molti locali del nostro territorio, precisamente ci troviamo nella zona di Jesolo, soprattutto d’estate quando c’è molto turismo, lavorano tanto e producono tanti rifiuti. Noi siamo stati contattati da un paio di locali per la realizzazione delle t-shirt. È molto bello che anche i commercianti si stiano sensibilizzando verso una moda più sostenibile, non solo la divisa mera al lavoro, però anche una divisa che possa andare a sostenere l’ambiente. Però ad ogni collaborazione, che sia con un’associazione ambientalista piuttosto che con un brand, è ragionata. Nel caso dei locali, a cui faceva riferimento David, abbiamo chiesto di ridurre l’utilizzo di plastica. Infatti, un chiosco che si trova nel litorale ha eliminato le cannucce.

È proprio bella la vostra azione etica e anche comunicativa che va oltre i social network, oltre il vostro prodotto, e spinge ad un cambio di comportamento, che è quello che ci auguriamo tutti, anche attraverso la moda etica e sostenibile. Un’ultima domanda che in realtà ne racchiude due. Avete una filiera ecologica che è l’obiettivo e anche la parte da incentivare adesso nelle aziende, nei brand, nelle realtà che si affacciano alla moda e vogliono essere etici e sostenibili, è possibile mantenere questo? Avete mai pensato come potrebbe essere utilizzato il vostro prodotto nel momento in cui il consumatore non lo vuole più o non va più bene o non lo usa più?

La moda usa e getta è insostenibile per il pianeta. Infatti il nostro progetto vuole mettere in risalto il problema del fast fashion. Anzitutto per essere un brand sostenibile bisogna pensare ai materiali, quindi fare una scelta accurata del materiale con cui viene prodotta una semplice t-shirt, è importante la certificazione che va a dare qualche informazione e va a garantire che quel materiale è sostenibile. In base alla scelta stilistica abbiamo utilizzato il cotone organico e certificato Gots quindi Global Organic Textile Standard oppure abbiamo utilizzato anche Standard 100 by Oeko-Tex e sono tutti standard di lavorazione tessile delle fibre organiche, quindi vanno a dare la garanzia.

Un altro punto fondamentale, secondo noi, per essere un brand sostenibile è il problema del packaging in eccesso. Lo vediamo nella vita di tutti i giorni, anche acquistando online, quanto spreco c’è dietro un packaging. Abbiamo deciso di produrre artigianalmente a Venezia, tramite un’artigiana veneziana, il nostro packaging ricavato da materiali di recupero di vele e kitesurf. Questa artigiana, che si chiama Camilla, lavora con le vele e lei già produceva dei prodotti per sè stessa e ci è venuta questa idea di allungare la vita al materiale delle vele e del kitesurf e dare al packaging un valore aggiunto. Quindi non solo packaging fine a sé stesso, ma che può essere utilizzato in qualsiasi occasione.Abbiamo, infatti, creato delle bustine e dei sacchettini che possono essere utilizzati anche come porta documenti o quant’altro.

Oltre il fine vita del prodotto. Grazie mille Serena per essere stata con noi e per averci raccontato questo bel progetto che sicuramente si svilupperà sempre di più. Ci vediamo alla prossima puntata di ModaPuntoCom.