Ciao a tutti siamo qui per una nuova puntata di ModaPuntoCom. Siamo nuovamente in compagnia di un brand che già avevamo presentato qualche settimana fa Eticlò. È qui con noi Sara Zanella. Andiamo a parlare di questo brand, ma questa volta da un punto di vista molto più comunicativo. Entriamo subito nel vivo delle domande che abbiamo preparato per te: come si comunica il brand Eticlò? Che strumenti propri di comunicazione utilizzate sia off-line che on-line?

Essendo sia un brand che un negozio abbiamo una doppia forma di comunicazione. Quella che riguarda il negozio è una comunicazione più locale, il negozio è in centro storico a Bologna, e li vedi comunicazione spiccia cioè, come un negozio normale, volantini, eventi sul territorio. Abbiamo partecipato alla Bologna Design Week, abbiamo partecipato alla Bologna Sana City, insomma, una serie di eventi locali e di relazioni locali. Per quanto riguarda il nostro brand, che ha anche un e-commerce, la comunicazione on-line si basa soprattutto su Instagram e su newsletter che noi inviamo periodicamente ai nostri followers.

Ci parlavi dell’e-commerce: voi che fate moda etica tra e-commerce e shop, quale dei due, secondo voi, è lo strumento più efficace per comunicare il prodotto e anche per venderlo.

Ci sono diverse teorie su questo punto. So che ci sono filoni che dicono meglio e commerce, altri è meglio invece lo store che tocchi con mano poi alla fine la moda etica anche un rapporto un po’ interpersonale tra quello che è il brand e il consumatore. È vero che on-line il consumatore viene a contatto diretto con il brand, mentre nello store passa per un contatto attraverso chi li vende le cose quindi per la commessa. Nel nostro caso la differenza è labile perché siamo noi che gestiamo direttamente il punto vendita essendo piccolini quindi comunque anche nel nostro negozio ci si relaziona con noi.

In realtà, generalmente, un negozio è una distanza in più, rispetto al brand, soprattutto se è gestito da persone che non sono i fondatori o comunque i proprietari del progetto e poi c’è un altro discorso da fare sul target. È chiaro che la comunicazione on-line funziona molto bene se il target è un target che viaggia on-line e recepisce la comunicazione on-line. Se, invece, il target è più maturo, come nel nostro caso, abbiamo riscontrato che diventa più difficile accettarlo on-line. Per esempio quando abbiamo iniziato questo progetto abbiamo aperto il negozio pensando che il nostro target fosse più giovane di quello che poi abbiamo avuto.

Mi hai anticipato la prossima domanda. Spiegaci meglio, il vostro è un target più maturo. Ipotesi fascia di target di Eticlò?

Allora c’è un’altra premessa da fare: abbiamo il negozio a Bologna centro storico che è ricchissima di turismo. Il target turistico è mediamente più giovane di quello bolognese quindi noi alla turista vendiamo quando ha dai 30 anni in su, mentre all’italiano vediamo dai 40-45 anni in su. Ovviamente la comunicazione ma anche il prezzo, quindi noi per esempio non abbiamo ragazzine che acquistato nel nostro negozio, nonostante vengano in negozio perché magari hanno visto on-line qualcosa gli è piaciuto, hanno visto su Instagram, però non sono poi le persone che acquistano.

Ho capito e quindi tra on-line e off-line, nel caso della vendita, diciamo dipende un po’ dal target, dipende dalla proposta anche di prodotti che si fanno, giusto?

Ovviamente dipende anche dall’investimento che si fa.

Sullo Store di Bologna che è l’unico, che avete per il momento, in realtà non avete solo il brand Eticlò, è corretto?

No, esatto, noi a Bologna e abbiamo questo store che si chiama “Eticlò” ma di fatto è un po’ un contenitore di tutti quelli che sono i brand sostenibili coerenti dal punto di vista del design con il nostro che abbiamo trovato un po’ in giro per l’Italia e per l’Europa e quindi quello che noi facciamo attraverso quel negozio è una proposta. Dalle collane alle borsette, abbiamo diversi modelli.

Proponete al consumatore che entra un cambiamento anche di visione di vita.

Noi vogliamo proporre un lifestyle, non solo un capo d’abbigliamento, ovviamente con oggetto tessile-moda, abbigliamento in generale, però abbiamo anche dei prodotti per il corpo,degli spazzolini, c’è un po’ di assortimento generale che dà un assaggio sul mondo.

È difficile trovare altri brand, altre aziende che seguono la vostra filosofia?

Si è molto difficile perché in realtà esistono un sacco di brand grandi e soprattutto in Germania, nei paesi più Nord Europa, che producono capi con tessuti bio, eccetera, ma il problema è di farsi il design. C’è sempre questo approccio un po’ bio, quel gusto un po’ bio, quel gusto un po’ tristino, motivo per il quale rende quel capo non competitivo rispetto a quelli del fast fashion.

Ho letto che vi definiscono un brand di cambiamento per il fatto che proponete dei capi in una linea che si avvicina molto a quelle che sono le tendenze della moda. Quando si parla di moda etica, moda bio, invece, quello che viene in mente è uno stile triste, meno curato.

Quello che noi vogliamo fare, per dirlo con uno slogan è “unire l’etica all’estetica”, nel senso che senza estetica non si produce niente che sia veramente un’alternativa alla moda meno sostenibile. Alla fine vogliamo essere presentabili e compriamo quello che ci piace e non esclude il bello.

Il sistema ci ha abituato che qualcosa di bello non può essere anche ecologico, non può essere anche trasparente in tutta la sua filiera, invece, voi siete un po’ l’elemento che rompe le regole in modo positivo. Facendo bene sia alla persona, sia alla filiera e anche all’ambiente. Come ultima domanda: andiamo a parlare di quelli che sono i vostri co-branding? Io vi ho trovato, ad esempio, da Natura_Sì con una linea dedicata la casa.

L’anno scorso abbiamo sviluppato la nostra prima linea di tessile per la casa in collaborazione con Natura_Sì. Una linea di accessori per la cucina e quest’anno abbiamo mantenuto la collaborazione sviluppando una linea di asciugamani. Attualmente sono in vendita nei negozi NaturaSì e sono addirittura il premio per la raccolta punti. Siamo usciti poi a settembre con una collezione di grembiuli in puro lino, un po’ più alta di livello rispetto agli asciugamani in cotone e comunque lavoriamo anche sul fronte del tessile per la casa. Il leit motive è che non sia sostenibile il tessile per la casa un po’ come la moda bello però poi non c’è questo plus che si va cercando. A Bologna abbiamo un piccolo angolino dove esponiamo prodotti nostri e anche di altri brand. Anche questi prodotti sono dei regali molto belli per Natale e qualche occasione.

Io li ho toccati e sono una cosa fantastica. Se penso di mettere addosso, sulla mia pelle, quel tessuto è una cosa a cui non siamo abituati. Sembra che la pelle non sia un organo perché ci mettiamo sopra di tutto.

Io sono iscritta alla vostra newsletter e quest’estate, in tempo di saldi, mi è arrivata una newsletter un po’ particolare che ho molto apprezzato. Mi ha ricordato gli annunci pubblicitari alla David Ogilvy, dove al posto dell’immagine, e stiamo parlando di moda dove l’immagine entra prepotente nei nostri computer ma anche nella nostra ideologia, ho trovato del testo. Una lettera digitale, molto confidenziale nei toni e molto intima con il consumatore, dove spiegavate quelle che erano le vostre difficoltà a proporre dei capi in super sconto rispetto al fast fashion e quindi raccontavate la filiera di produzione e le difficoltà. Secondo me, con questo annuncio, avete acculturato il consumatore che vi segue. Dove è nata questa idea?

È nata in modo spontaneo. Ogni volta che ci sono saldi abbiamo questa difficoltà: non abbiamo margine al pari di quelli che sono i brand tradizionali e non possiamo permetterci di scontare dei capi che già abbiamo in vendita a prezzi tiratissimi. Ogni volta che si avvicina la stagione dei saldi spesso entrano in negozio a chiedere se abbiamo saldi e di quanto, senza vedere niente. La sostenibilità passa anche per questi ragionamenti.

Quindi ci è venuto in mente a me: perchè non informiamo il nostro pubblico? Perché spesso non ci si riflette su quanto possa essere in realtà uno sconto del 70%. È tanto. Se ti posso scontare del 70% vuol dire che prima lo caricavo il prodotto. Non viene naturale proprio perché c’è l’impulso di comprare e portare a casa senza pensare a cosa si compra e a come.Proponiamo un approccio all’acquisto diverso e quindi abbiamo sempre detto, anche nella nostra comunicazione Instagram, “compra meno però compra meglio”, e non vedo perché non spiegare il problema di fare gli sconti. Noi abbiamo un’agenzia che ci segue per la comunicazione online e io avevo mandato questa bozza di lettera all’agenzia che non voleva, ma io desideravo mandarla lo stesso.

Secondo me è stata efficace. Una comunicazione diversa e che va al cuore del vostro consumatore.

Ci si avvicina al tema della sostenibilità e bisogna capire cosa questo comporta da parte del consumatore. Bella la sostenibilità, però non è che produrre in maniera sostenibile o vendere in maniera sostenibile sia identico a produrre o vendere come siamo abituati.

Grazie per essere stata con noi e ti aspettiamo.