Ciao Chiara, raccontaci cos’è ManiTese, questa organizzazione, di cui tu sei la responsabile per la zona di Treviso.

ManiTese è una ONG di cooperazione internazionale che ha una sede nazionale a Milano e una ventina di realtà territoriali, gruppi informali come il nostro di Treviso, ma anche associazioni e cooperative. Hanno come compito quello di portare avanti i contenuti e le campagne dell’Associazione. Mani Tese è nata nel 1964 quando pochissime realtà si occupavano di quello che allora si chiamava terzo mondo. C’erano i Missionari e c’era il Partito Radicale che lottava contro la fame nel mondo. Nasce da un gruppo di volontari, poi, per fortuna, questa esperienza si è allargata a tantissime altre realtà. Oggi sono moltissime e si occupano anche di cose molto diverse.

Noi abbiamo cominciato ad occuparci di cooperazione internazionale sostenendo realtà dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, attraverso progetti che avessero delle caratteristiche fondamentali. Innanzitutto, che creassero indipendenza, cioè che non creassero dei legami di dipendenza con i finanziatori, ci occupiamo di temi come l’agricoltura e settori produttivi, oggi, ci occupiamo di agroecologia che è un passo oltre. Il tema della sicurezza alimentare e ciò significa che questi popoli possano conquistarsi dei diritti rispetto a cosa produrre, quanto produrre, come produrre, per chi e quindi cercando di stare fuori dai meccanismi dell’economia internazionale che spesso li soffoca.

Questo è il nostro lavoro come ONG di cooperazione internazionale, però da subito, ManiTese ha pensato che il lavoro in Italia fosse indispensabile cioè che a fronte di un intervento diretto, a sostegno delle emergenze locali fosse necessario un lavoro politico in questo territorio, in Italia e in Europa, quello che allora si chiamava nord del mondo; oggi lo chiamiamo i centri contro le periferie.

Con un lavoro di advocacy e di sensibilizzazione e di informazione, ma anche scendendo con un lavoro più piccolo come dimensioni che è la proposta di un cambiamento negli stili di vita e di consumo. Questo lo dicevamo 50 anni fa, oggi questa cosa è fondamentale per tutti. Tutti sappiamo che di fronte ai grossi cambiamenti climatici e ai temi che allarmano tutto il pianeta, il cambiamento dei comportamenti è fondamentale.

Parliamo di questo progetto con Altromercato nell’ambito “della moda” o comunque del consumo legato all’abbigliamento.

Si allaccia molto, quindi se dobbiamo pensare a ridimensionare i nostri consumi Altromercato ha una proposta politica molto forte, quindi va direttamente a cambiare e ha l’ambizione di cambiare i consumi dei cittadini del nord del mondo pensando di andare a guardare la filiera di produzione, l’etichetta e i diritti di chi ha prodotto. Uno, ci siamo trovati inseriti in questa logica e quindi abbiamo pensato che il lavoro legato all’abbigliamento, alla sartoria o semplicemente agli accessori potesse rispettare una filiera etica e anche mettere insieme questo elemento genetico di ManiTese che è legato al riutilizzo.

Negli anni, come sede di Treviso, abbiamo promosso dei laboratori legati alla sartoria, pensandoli anche come occasione per coinvolgere delle donne migranti o richiedenti asilo o già inserite nel nostro territorio per le quali fosse importante anche trovarsi insieme. Al di là delle dinamiche strettamente familiari poter scoprire attraverso il dialogo con altre persone e il lavorare insieme un veicolo di integrazione, di appartenenza a questa comunità. Abbiamo cominciato con un laboratorio di sartoria chiamato sartoria del riuso, 2 anni fa, attraverso il riuso di jeans usati e altre stoffe. L’abbiamo creato delle borse di jeans e poi abbiamo costruito degli oggetti natalizi, con materiale di riuso.

L’anno scorso abbiamo cominciato questa collaborazione con Altromercato che ci vede ospiti per una giornata di laboratorio aperto a noi volontari e ai clienti dell’Altromercato. Quest’anno vogliamo riutilizzare degli oggetti di abbigliamento non più vendibili da Altromercato, utilizzarne la stoffa per poter creare un accessorio che ci faccia parlare insieme, chiacchierare, conoscere le nostre tradizioni. Sai che quando si lavora insieme si parla tanto, è importante. Attraverso queste chiacchiere scambiamo anche elementi di conoscenza e di quella che noi chiamiamo cointegrazione che è un passo oltre l’integrazione. Tutti abbiamo bisogno di integrarci cioè di completarci, grazie anche alle persone che arrivano nel nostro mondo e questa è una sfida

Mi focalizzo su quelli legati all’ambito moda, utilizzare la moda, gli scarti per un riuso e anche per oggetti di uso quotidiano. Comunicarvi all’esterno, creare questa rete di partecipanti o comunque di persone che interagiscono tra loro è stato difficile? come avete fatto?

Non è stato difficile. Il laboratorio che abbiamo organizzato ha pescato dalle conoscenze che avevamo di donne, di amiche, di persone che lavoravano nel settore dell’integrazione e dell’accoglienza, e anche delle associazioni con cui Mani Tese collabora sempre. L’Associazione di migranti, in particolare, del Burkina Faso e di altri Paesi dell’Africa occidentale. L’idea di Altromercato ha facilitato molto questo passa parola e ha intercettato i clienti abituali del negozio.

Ti aspettiamo a presto.

Ciao Alberto. Oggi siamo qui, nello Store di Altromercato di Treviso. Iniziamo a raccontare ai ragazzi che ci stanno ascoltando la realtà di Altromercato.

Noi siamo un portabandiera del commercio equo e solidale che è portato avanti da Altromercato, un consorzio di cooperative che operano nel commercio di prodotti provenienti dal Sud del mondo; principalmente dai paesi in via di sviluppo, ma non solo, perché quello che vediamo qui sono prodotti frutto di lavoro di cooperative sociali italiane. Chiaramente, oltre ai problemi che ci sono nei paesi in via di sviluppo, ci si è resi conto che ci sono realtà più vicine a noi bisognose di attenzione e di avere uno sbocco in chiave etica, in chiave legale e così nascono progetti solidali italiani una nicchia Altromercato di prodotti che nascono da terreni sottratti alle mafie.

Per esempio, c’è una linea sul pomodoro oppure, per quanto riguarda il settore moda, che è uno dei settori in cui Altromercato ha creduto negli ultimi anni, c’è il lavoro di cooperative sociali che producono in Italia con tessuti di riuso dal settore della moda e delle grandi firme. Lavorano con persone svantaggiate che vengono inserite nel mondo del lavoro.

Quindi anche una moda d’inclusione?

Esattamente, proprio una moda inclusiva. Una moda d’inclusione, sia dai paesi in via di sviluppo, quelli del sud del mondo, sia realtà più vicine a noi come appunto quelle italiane.

Proprio di moda vogliamo parlare. Sono a conoscenza che qui avete la nuova collezione On Earth di Altromercato. Come è stata comunicata a voi? Quali scelte avete fatto per il vostro Store?

Il punto di partenza è che ormai On Earth sta diventando un marchio per Altromercato e quindi il marchio che identifica lo sviluppo della moda Altromercato. Una moda di commercio equo e solidale in generale e di moda sostenibile in particolare. Si è partiti dal concentrarsi sul rispetto del lavoro dei produttori; sulla scelta di materie prime che implicano un procedimento sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale; fino ad includere altri progetti come Progetto Quid che, nello specifico, si occupa di includere lavoratori, in particolare, lavoratrici donne, in situazione di difficoltà. È stata comunicata sin dalla fase di sviluppo prodotto, che viene curata dai colleghi di Altromercato nella sede centrale di Verona.

L’aspetto della sostenibilità, quindi della parte di commercio equo e solidale, contesto di paesi in via di sviluppo, e della parte più etica e sociale e delle realtà italiane. Oltre a questo, dove la comunicazione è impegnata principalmente, c’è una concentrazione molto alta sul valore dei tessuti, sulla materia prima, quindi su un filato naturale, un’attenzione alle fibre, alla sostenibilità ambientale perché sappiamo essere un tema piuttosto caldo. Sappiamo che abbiamo delle scelte concrete contro il cosiddetto Fast Fashion.

Tra l’altro, come Altromercato e noi come Store Altromercato, abbiamo aderito alla campagna Fashion Revolution, che si sta svolgendo in questi giorni anche contro il Black Friday e contro questo consumo smisurato, contro una moda compulsiva, usa e getta, ma a favore di una moda che rispetti l’ambiente, che rispetti le persone. Per noi è bello ed è sempre un piacere spiegare che si può spendere qualcosina in più rispetto ad altre catene, però quello che si acquista è un capo che dura, rispettoso delle persone e dell’ambiente.

On Earth è un macro contenitore di quelli che sono i Brand sostenibili ed etici e quindi una scelta che va a ricadere anche su linee di abbigliamento già note?

Ora come ora è un marchio a sé stante che indica proprio la linea moda di Altromercato. Viene concretamente realizzata da produttori del Sud del mondo come mks o come altri in India, in Tibet. Al suo interno vengono coinvolte altre realtà e altri marchi come Progetto Quid. Viene coinvolto in fase di sviluppo con condivisione dei moodboards, delle schede colore, delle scelte stilistiche in modo da arrivare poi ad una collezione che sia completamente integrata.

Troverete delle etichette con la scritta On Earth e dietro potrete vedere fatto a mano in India poiché un altro punto chiave è l’artigianalità, handmade, fatto a mano oppure delle etichette Progetto quid e quindi fatto in Italia. Sempre sotto un unico cappello che è l’attenzione all’etico e al sostenibile. Altromercato lavora come garante, c’è un lavoro molto importante nella fase di sviluppo prodotto, di contatto con i produttori, di contatto diretto. Altromercato non ha intermediari, e quindi di attenzione nell’individuare i soggetti che lavorano nella moda in chiave etica e in chiave sostenibile.

La necessità di rendere la cultura nel consumatore, di informarlo, di renderlo consapevole affinché si rivolga alle collezioni simili a quelle che voi avete nello Store, e quindi di un acquisto più consapevole ed etico e sostenibile: come fate a comunicarvi?

La comunicazione che facciamo ai clienti è in più livelli. C’è una comunicazione centrale che parte da Altromercato Verona quindi dalla sede centrale e lì si può vedere la pagina su Instagram o su Facebook. Poi scende nel particolare perché Altromercato è fatta da varie cooperative italiane che operano nel mondo del Commercio Equo Solidale, noi siamo la Cooperativa Pace e Sviluppo di Treviso e abbiamo una comunicazione interna, abbiamo un nostro canale Facebook o Instagram e poi noi, nel dettaglio, essendo lo store, il negozio, più grande della rete Pace e Sviluppo, che comprende 11 botteghe, abbiamo una comunicazione nostra. Una catena comunicativa.

Per quanto riguarda On Earth abbiamo una comunicazione molto bella e molto impattante che viene fatta principalmente dai colleghi di Verona, quindi tutto il team Digital che ha curato una campagna che trovate su www.altromercato.it e si concentra sulla filiera del tessile con delle infografiche molto belle. Noi a quel punto, sfruttando anche questo materiale, che viene reso disponibile dalla sede centrale di Verona, riusciamo a fare una comunicazione più local e quindi sia di cooperativa, che comprende botteghe nelle province di Treviso e Venezia e anche Pordenone, e poi ancora più nello specifico la nostra, ovvero, lo Store Altromercato.

Cerchiamo, per quanto sia possibile, di utilizzare un approccio one-to-one, ad esempio, con una newsletter che è solo nostra e solo per chi aderisce a una campagna di fidelizzazione con la carta fedeltà. Vuole essere un premio. Tramite la newsletter ci impegniamo anche a comunicare la moda, acculturare il consumatore, inseriamo del materiale su chi è Altromercato, chi sono i nostri produttori. Sul sito Altromercato.it in calce ad ogni prodotto trovate: chi produce, delle storie a volte personali, a volte drammatiche o molto sentite proprio del produttore e poi c’è un’attenzione alla filiera quindi direttamente delle materie prime che passa alla lavorazione fino al trasporto e poi a quello che facciamo in bottega, quindi la vendita.

Quanto, il passaparola, per voi ancora importante in una moda così?

È ancora molto importante. Spesso e volentieri chi acquista moda qui poi esce dal negozio contento, si rende conto che quello che ha fatto è stata una scelta molto premiante dal punto di vista della qualità del capo e del tessuto, di quello che indossa, quindi lo comunica e ci sono persone che vengono spinte dal passaparola. Resta sempre un’arma molto importante. In realtà oltre alla comunicazione digitale cerchiamo di organizzare eventi, come quello di oggi, con altre associazioni e periodicamente in concomitanza con l’arrivo in negozio della collezione stagionale organizziamo una sfilata di presentazione in occasione delle quale c’è la possibilità di acquistare gli abiti a prezzo scontato.

Grazie mille per aver spiegato questa realtà.