Ciao a tutti e bentrovati ad una nuova puntata di ModaPuntoCom. Come sempre vi stiamo parlando dalla Cube Radio dello IUSVE, l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia e Verona, e oggi parliamo di un tema molto vicino. Molto vicino perché lo scorso weekend c’è stata a Padova una manifestazione molto conosciuta. Molti ragazzi che mi stanno ascoltando sicuramente capiranno di cosa sto parlando, basta dire “be dissident” e cioè “Future Vintage Festival”, nella sua decima edizione.

Oggi parliamo di vintage. Questa manifestazione per chi non la conosce è una manifestazione annuale molto importante che si svolge proprio vicino a noi e che parla di moda, come stile di vita e realtà. Ogni anno si riuniscono esperti della comunicazione, della pubblicità, della fotografia, del giornalismo, della musica per parlare dello stile vintage. Centro della manifestazione, enorme mercatino di stile vintage e tantissimi eventi tra questi lo “Chic Nic”, il “Vintage Mania”, il “Vintage ai Carraresi” e “Padova Fashion Design”.

Ma cos’è il vintage? Sono sicura che molti di voi lo indossano e lo usano ma magari non si sono mai posti questa domanda. Partendo dal linguaggio della moda, esiste una tendenza ad usare oggetti accessori, abiti, appartenenti ad un certo periodo storico, ad un certo stilista e in realtà poi riportati in una condizione attuale. Il vintage porta con sé un piccolo paradosso nella moda e sappiamo che quando si parla di comunicazione di moda i paradossi, in realtà, sono all’ordine del giorno. Perché paradosso? Mi spiego meglio: se utilizzo un accessorio, un indumento del passato e lo attualizzo nel contemporaneo al che il mio outfit, questo diventa ancora più personale e più identificativo. Io generalmente che vestire vintage significa vestire un ricordo, cioè un ampliamento della significazione e della connotazione legata a questo stile. Come si comunica lo stile vintage?

 In realtà, il vintage è un po’ lo specchio di sé stesso, “si parla vintage del vintage”, è una regola da tenere a mente perché se pensiamo a questo stile o comunque tutti gli appassionati che lo utilizzano nelle campagne social, prevalentemente sui social network, con community, eventi, ritrovi, ecc. utilizzando lo stile del passaparola anche se con i social network. Vicino ad uno stile interpersonale che ricorda le tecniche comunicative del passato. Ma attenzione che il vintage è uno stile ricco di connotazione per cui la comunicazione che si va a costruire attorno non gioca proprio le stesse regole bensì tende a spogliarsi del superfluo, un po’ “less is more”, per essere davvero efficace. Non a caso il potere del brand vintage è davvero grandissimo, il marchio storico è parte imprescindibile dell’immaginario collettivo pertanto molte volte è come un’icona pop che sopravvive alla stessa azienda che l’ha creato.

Qualche esempio: Keeway, Timberland, Levi’s, la Vespa, la radio Brionvega o ancora la Coca-Cola. Insomma comunicare il vintage significa utilizzare un mix di strumenti e linguaggi molto decisivi. Quando parliamo di vintage non possiamo non menzionare uno dei più grandi musei di questo stile: Angelo Vintage Palace. Nel 1978 Angelo Caroli inizia la sua raccolta di indumenti, di oggetti, di accessori di tutto quello lo interessava dal punto di vista estetico per creare questo tempio del vintage: un negozio-museo custode della storia della moda. Un archivio storico di pezzi, anche introvabili, che partecipa molte volte a questi eventi anche locali legati a questo stile. Inizia il suo percorso come attrazione estetica e diventa poi una passione, anticipa anche i temi legati al recupero e al riciclo.

Quest’anno parleremo in particolare di moda sostenibile perché la comunicazione di moda e soprattutto la moda, non so se voi lo sapete, ma è uno dei settori che più inquinano il nostro pianeta quindi c’è bisogno di creare un nuovo filone, una nuova corrente con il principio delll’eco-sostenibilità di questo settore. Angelo Palace riprende un po’ questi elementi, e li anticipa. Un’etica ecologica del Vintage perché cura in modo smisurato quelli che sono gli abiti di seconda mano. Vestire seconda mano non è solo scegliere degli indumenti, ma è proprio uno stile di vita, un andare nei mercatini e prendere i libri già usati delle edizioni che non troviamo o dei vinili. Mi viene da chiedermi, mentre vi sto parlando, perché ci piace così tanto il vintage?

Me lo sono chiesto anche quando ho cercato questo argomento da proporvi e in realtà ho trovato la risposta, nel cuore del nostro essere italiani, nel nostro essere ancorati al passato. Il passato, infatti, per noi è sempre un po’ più attraente del presente e ci fa meno angoscia, meno paura anche rispetto al futuro. In questo potrebbero essermi d’aiuto gli studenti di psicologia che mi stanno ascoltando visto che un’analisi psicologica del vintage non sarebbe male. Indossare il vintage vuol dire indossare dei capi unici e vestirsi di una storia e di una significazione, come dicevamo prima, che è sempre maggiore. Significa “appartenere a prescindere” e questo, nella nostra epoca, non è poco. Vi saluto perché il tempo a nostra disposizione è terminato e vi do appuntamento alla nostra prossima pillola di sapere sulla comunicazione di moda.