Ciao a tutti e benvenuti ad un’altra puntata di ModaPuntoCom. Gianmarco ha mantenuto la sua promessa ed è venuto a trovarci per parlare, nuovamente, di moda e architettura ma con un brand totalmente differente. Infatti, parliamo di Patagonia. Tengo particolarmente a questo brand, l’ho scoperto grazie a te, perché io non sono un amante degli sport. L’ho scoperto perché è diventato famoso grazie al “normcore”, questo termine nuovo nel mondo della moda, che indica un abbigliamento casual, più informale e dove si utilizzano anche capi di abbigliamento destinati in precedenza allo sport, anche estremi, nell’utilizzo di tutti i giorni.

È un brand coerente, mantiene veramente la propria filosofia, che nasce con il suo ideatore, e ha realizzato delle campagne pubblicitarie molto interessanti e in stile negative approach, alla Bill Bernbach. Sto parlando della campagna pubblicitaria anticonvenzionale del 2017, della campagna outdoor dove vengono invitati i consumatori a fare una riflessione per l’acquisto consapevole.

Lo slogan dice: “Patagonia crea i prodotti migliori. Non danneggia inutilmente. Utilizza il business per ispirare e implementare soluzioni contro la crisi ambientale”. Questo crea un effetto molto positivo nel target, contro ogni aspettativa. Invece, nella campagna del 2011 legata all’evento del Black Friday, Patagonia incita a non comprare le sue giacche perché: “se non ne hai bisogno è uno spreco per l’ambiente”. Questa più strategica, però l’effetto è assolutamente il contrario, vincente e il target acquista molto. Ritorniamo al concetto di coerenza di questo brand, soprattutto il fatto che rappresenta questa linea anticonvenzionale per adesso e che speriamo diventi, invece, la regola nell’ambito della moda: l’ecosostenibilità e la sostenibilità. E parliamo della sua storia. Come nasce questo brand?

Il brand Patagonia l’hai definito giustamente coerente, quasi integralista. Veramente è tutto focalizzato alla protezione dell’ambiente. Se andiamo sul loro sito la mission è “siamo in business per salvare il nostro pianeta”. Non fanno business per fare utile, ma fanno utile da usare per salvare il pianeta. L’uno per cento del loro fatturato è devoluto per cause a favore dell’ambiente. Hanno addirittura fatto dei Black Friday di percentuali molto importanti e tutto il ricavato è stato devoluto per cause a favore dell’ambiente; parliamo di numeri importanti. Adesso c’è una corrente legata alla sostenibilità ove i brand cercano di fare scelte green e in realtà non è così. Lo fanno solo per promuoversi. Invece, per questo brand è una missione, c’è chi la definisce anche una setta. Il suo fondatore è un personaggio incredibile.

Consiglio assolutamente il libro “Let my people Go Surfing” che, sostanzialmente è la sua biografia: Yvon Chouinard. Arrampicatore appassionato, quindicenne, inizia ad arrampicare negli Stati Uniti e si rende immediatamente conto che le attrezzature usate non sono adeguate. A quel tempo si usavano dei chiodi in metallo molto morbidi che venivano abbandonati dentro la roccia. Yvon dice no, devo fare qualcosa di diverso, qualche materiale più solido. Nasce un’azienda che fa chiodi da arrampicata più solidi e riescono ad essere riutilizzati. Messi nella roccia quando poi non servono più li tolgono. Tanto per inquadrare il personaggio. Ha iniziato tutto questo sulla station wagon, fabbricava chiodi la sera e si fermava su una spiaggia, surfava tutto il giorno e li vendeva. Fabbricava, si spostava, li vendeva.

L’azienda diventa molto importante, tanto che nel 1970 è la più importante a livello statunitense per forniture di attrezzature di arrampicata. Nel ‘72 si rende conto che questi chiodi che infilano continuamente nella roccia nelle vie più battute creano dei danni. Smette di vendere i chiodi. Nel giro di due stagioni propone un nuovo sistema che rivoluzionerà il mercato e, attenzione parliamo di primi anni ‘70, il catalogo, con cui propone questo nuovo sistema di attrezzatura per arrampicata, si apre con 14 pagine di saggio sulla difesa dell’ambiente. Un antesignano in questo senso. Si cerca di acculturare il consumatore perché conosca, perché capisca, perché faccia delle scelte d’acquisto meno veloci, più etiche, più ponderate.

Hai citato due campagne interessantissime. Una volta al mese andate sul sito Patagonia troverete iniziative a getto continuo. Ho avuto a che fare con loro perché sono un grande appassionato di sport e uso i loro prodotti. Ho rotto un piumino, che avevo acquistato 3 anni prima in un altro Store Patagonia, ho fatto vedere il taglio, ho chiesto quanto costava ripararlo. Non solo non mi hanno fatto pagare niente, ma hanno preso il piumino, l’hanno spedito in Portogallo,e fatto riparare. Sembrava completamente nuovo, rimandato indietro, tutto gratis. Avrebbero fatto la stessa cosa anche se era un piumino di un altro brand.

Per una questione etica di non buttare via niente. Girano l’Italia, in alcuni periodi, parlo delle iniziative italiane, poiché sono quelle che riusciamo a toccare con mano, con un furgone. Si fermano, ad esempio, nelle stazioni sciistiche piuttosto che per arrampicata o surf e nelle attività Outdoor estive e riparano: mute da surf anche non loro, piumini anche non loro, per non buttare via niente.

Questo è un esempio di azienda e brand attivo e con una moda consapevole, con una moda giusta e una coerenza senza paragoni.

Parlando di quello che è il nostro settore architettura e costruzioni rispetto al loro brand. Qualche anno fa hanno inaugurato dei negozi a Montebelluna e lavorando nel settore qualche chiacchiera viene fuori e si capisce come hanno approcciato alla costruzione. Non c’era budget per tutte quelle che erano le scelte legate alla sostenibilità. Se un isolamento sintetico col doppio della performance e metà del prezzo rispetto al naturale, con doppio del prezzo e metà della performance, senza pensarci un secondo sceglievano il naturale. In cantiere nessuno beveva delle bottigliette di plastica. Hanno avuto la fortuna che questa loro filosofia è diventata quella del futuro e ora tanti brand sull’outdoor li stanno seguendo.

D’altronde i primi sono i primi e loro sono stati e resteranno sempre legati a questo tipo di immagine che si è rivelata assolutamente vincente assieme a quello che dicevi prima, un design che sta andando nello street e non solo in montagna o al mare, ma anche in città.

È un design senza tempo e anche questa è una loro mission. Non cambiare troppo le linee per non farle invecchiare, quindi non sviluppare nel cliente l’esigenza di cambiare perché non più di moda; devo cambiarlo perché consumato. Anche consumato si può dare a loro che lo riparano. Sono veramente bravi, un esempio di una moda vera, di una moda trasparente e che non ha paura di seguire l’etica e i valori di chi l’ha creata, si reinventa, cerca soluzioni creative che possano invece rispondere in modo positivo a questi valori. Cosa vuol dire fare architettura di moda che sia sostenibile?

È una domanda molto ampia. Io penso che parlare di un qualcosa legato all’utilizzo di materiali naturali, utilizzo di tutto quello che è l’accessoristica negozio penso sia qualcosa di superato, penso che dobbiamo lavorare sulla costruzione del negozio. Utilizzare i materiali riciclati, ad esempio Patagonia sul negozio di Montebelluna, hanno recuperato dei materiali dal primo contadino che ha dismesso il suo capanno per non comprarla nuova; molto più tempo, molte più complicazioni… i tempi della moda ce li hanno anche loro. Però l’hanno trasformato da un momento di difficoltà ad un plus e cliente crea veramente legame col brand perché il mondo outdoor è molto sensibile a queste tematiche. I surfisti sono preoccupati che ci siano sempre meno onde a causa del cambiamento climatico, gli sciatori sempre meno neve.

Quindi il rispetto dell’ambiente nel loro target dev’essere al top. Tornando alla domanda. Penso che sia necessario porsi qualche domanda in più sulla costruzione. Non farlo in classe A è da irresponsabili, quindi ragionare su: cosa succede quando questo negozio lo smonto? dove vanno i materiali? cosa ci facciamo con quei materiali? Un’ottica rivolta al futuro, al post, al fine ciclo vita degli edifici e delle costruzioni: cosa succede quando faranno un’altra costruzione differente da questa? Cosa succede a questo edificio che abbiamo appena fatto? Sapere che sono stati utilizzati materiali, che possono essere riutilizzati divisi e possono essere riciclati, in modo facile ed efficiente e anche creativo diventa la vera sfida del futuro.

Il tempo a nostra disposizione è finito salutiamo Gianmarco e grazie. Ciao a tutti buona giornata.