Dall’indifferenza alla partecipazione. Così si potrebbe riassumere quanto successo alla community del cantautore Luca Bassanese e che sarà l’argomento del Sonar di oggi. 

Benvenuto Luca siamo felici di averti ospite a Cube Radio. Tutto inizia una sera di capodanno quando, all’interno della mensa per i poveri, hai preso in mano la tua chitarra e hai iniziato ad abbozzare alcuni dei tuoi brani. Questi pezzi sono diventati, poi, il tuo vero e proprio album dal titolo “Al mercato”, un ep che collega i vari temi: dai diritti umani al dolore degli offesi.
Temi che, sicuramente, ci portano a riflettere sul nostro posto nel mondo e a chiederci come impegnarci per la società in cui viviamo. Sicuramente dalle tue opere esce la passione per l’umano, ma soprattutto per l’umano più debole, brani come “Segui la tua libertà” o la canzone autobiografica “Un uomo migliore”- Luca le tue canzoni toccano spesso i temi della migrazione e dell’integrazione. Tu le definisci non di protesta ma di proposta, perché?

«Da oltre 15 anni, assieme a Stefano Florio, ci siamo posti nella condizione di raccontare il modo che ci circonda.

Il fatto di cantare canzoni di proposte non di protesta l’abbiamo scritto poi anche in una delle nostre canzoni più emblematiche che ha titolo La processione dove diciamo: “distruggere non serve dobbiamo costruire, a lamentarsi si finisce per morire.

Il senso di tutto questo qual è? Cercare di valorizzare nell’incontro del l’uno con l’altro proprio il confronto non legato soltanto alla protesta ma soprattutto alla proposta

Cercare di raccontarci e provare a trovare strade nuove da percorrere, da portare avanti anche ostinatamente, in modo appunto da poter lanciare una sorta di confronto.

L’idea non è tanto lanciare dei pensieri che arrivino dall’alto ma il nostro scopo nel fare canzoni è quello appunto di creare una sorta di proposta, di portare al ragionamento la persona. Significa accompagnare eventualmente la persona che ascolta, in un percorso che la possa aiutare.

Un percorso che possa aiutare anche me a trovare soluzioni e risposte.

In questo percorso artistico e musicale ci siamo sempre rivolti con grande discrezione al mondo del dei ragazzi e degli adolescenti, ma anche dei bimbi che guardano il mondo ancora con lo sguardo incantato del bambino, proprio perché crediamo fortemente nell’educazione emozionale e nel rispetto delle nuove generazioni che possono essere loro i veramente il punto di svolta di tutto il nostro percorso sociale e culturale.

Noi esseri umani siamo una struttura composta da tre pilastri fondamentali: la mente, il corpo ma anche il cuore. Qualcuno lo definisce “anima”, altri “spirito”, altri ancora “isola”. Ci sono tante forme con le quali si può chiamare questo elemento che ci compone come esseri umani e come esseri pensanti che si trovano a vivere dentro le emozioni quotidiani col quotidiane e quindi cosa potrebbe essere la “militanza pedagogica” se non valorizzare quella che io chiamo la “disciplina del cuore” cioè valorizzare e coltivare le emozioni 

Quindi in tutto questo l’educazione emozionale diviene un atto necessario e fondante della nostra società che si completa soltanto nell’ascolto delle nuove generazioni».

Agata Borracci per Cube Radio News, Venezia.